In effetti assomigliano vagamente ai wafer, essendo – come quelli – composti da due cialde croccanti, a far da involucro ad un unico strato di cioccolato. Ma rispetto al wafer, si differiscono per la forma, sempre rettangolare, però molto meno allungata. E poi se ne distinguono per lo spessore (sono molto più sottili). Mediamente, hanno una dimensione di 9 cm di lunghezza e di 4,5 cm. di larghezza, con un peso medio di circa 15 grammi ciascuno. Ma è molto più facile gustarli che descriverli. Sì, si può rendere vagamente l’idea della loro forma e del loro aspetto, peraltro accattivante, ma è il loro gusto che è indescrivibile, tanto inonda e gratifica il palato di fragranze e sapori ineffabili.
Le cialde sono ottenute da una miscela di selezionate farine di grano e di mais, con l’aggiunta di zucchero, burro, nocciole, mandorle, sale e lievito. La farcitura è in genere di cioccolato fondente, ma esistono varianti al cioccolato al latte o alla nocciola, al caffè, e via dicendo.
Attenzione a non confondere i canestrelli di Biella con i canestrelli liguri, di leggera pasta frolla,
L’origine del nome
Secondo alcuni, il vocabolo canestrel (canestrello) ricondurrebbe ai piccoli “canestri”, cioè ai cestini di vimini, in cui i canestrelli venivano originariamente deposti per essere lasciati a raffreddare dopo la cottura. Ma l’etimologia più accreditata è quella secondo cui il termine deriverebbe dal verbo piemontese canëstërlé (ingraticciare, ingraticolare, fabbricare dolci: cfr. REP, Repertorio Etimologico Piemontese, Anna Cornagliotti, Centro Studi Piemontesi, Torino, 2015).
A dare consistenza a questa tesi è il fatto che in origine il canestrello biellese non era molto dissimile dai già citati canestrelli valsusini o valdostani: in passato, come i suoi progenitori, era probabilmente poco più di una cialda tondeggiante, cotta su una piastra o all’interno di una pinza piatta a ganascia (antesignana delle moderne tostiere), arroventata sul camino.
Un po’ di storia
Ma come mai i canestrelli biellesi prodotti nel Seicento e nel Settecento, rimasti nell’immaginario popolare come i canestrej ’d na vira (i canestrelli di una volta), di forma tondeggiante e irregolare, hanno assunto nel tempo la caratteristica forma di un parallelepipedo piatto e squadrato, tipica del canestrello di oggi?
Il new look dei canestrelli biellesi, decisamente più “geometrico”, raffinato e regolare di quelli primordiali, sarebbe stato diffuso da due maîtres chocolatiers svizzeri, i fratelli Teodori, che iniziarono a farcire le cialde con il loro squisito cioccolato, dando loro una sagoma squadrata e rettangolare, che ne facilitava la sovrapposizione in fase di produzione e ne consentiva un’esposizione più ordinata nelle vetrine dei negozi.
Qual è il migliore?
Adesso che vi ho messi sul gusto, immagino che vorrete sapere quali siano i migliori canestrelli di Biella. È così, vero? Non posso sbilanciarmi, ma ammetto che è difficile sgranare una graduatoria, in quanto ogni produttore di questa specialità merita una posizione da podio. Mi limito allora a citare alcune storiche pasticcerie o laboratori artigianali o semi-artigianali, tra i più noti di Biella e dintorni, che da decenni sfornano canestrelli d’eccellenza per i più ghiotti ed esigenti palati di ogni parte del mondo. L’elenco non è esaustivo, ma costituisce già un indizio, una traccia significativa per la vostra “caccia al tesoro” alla ricerca impossibile del canestrello biellese migliore: Coggiola, Brusa, Pezzaro, De Mori, Massera, Bi-Biel, Jeantet…
Dove si trovano, precisamente, questi locali? Ora mi chiedete troppo. Programmatevi una bella gita a Biella, città di grande fascino, incoronata dalle Alpi, sotto l’egida della Madonna di Oropa, e andate a scoprirne i laboratori e le pasticcerie più intriganti. Qualunque scelta facciate, sarà sicuramente quella giusta.