Elaborando le immagini presenti su Google Street View, il Senseable City Lab del MIT di Boston è in grado di tenere costantemente sotto controllo il Green View Index (Indice di Verde Visibile), ovvero la percentuale di copertura arborea di ogni città del pianeta in rapporto alla superficie urbana.
In questa particolare classifica, il capoluogo piemontese si rivela come una delle città più verdi del mondo, con un Green View Index superiore a 16, ponendosi tra le top quindici città verdi al mondo, dietro a grandi green town e metropoli come Singapore, Sidney, Oslo, Sacramento e Francoforte.
Torino è l’unica città italiana ad occupare una posizione di classifica così prestigiosa, conquistando sul campo il titolo di città più verde d’Italia, e distanziando di gran lunga tutte le altre città italiane.
Il territorio comunale torinese ha un’estensione di circa 130 chilometri quadrati, di cui 21 sono appunto occupati da aree verdi, senza tener conto dei parchi privati. Il verde torinese supera il 16% del territorio urbano, con ben 23,84 m2 di verde pubblico per abitante, contro i 10 di Roma, i 9 di Milano, i 5 di Palermo e i 3 di Bari.
Il capoluogo subalpino vanta 320 chilometri di viali alberati, su cui sono posti a dimora 65.000 alberi. Le varietà più numerose sono i platani (20.000 piante), i tigli (8.000 unità), gli aceri (4.000 esemplari) e gli ippocastani (3.500 unità). E a seguire: 3.000 bagolari (Celtis australis), 2.500 olmi siberiani (Olmus pumila) e poi ancora ciliegi da fiore, betulle, pini, carpini (Carpinus betulus), frassini, noci americani, abeti e querce. Tenuto conto degli alberi a dimora nei parchi e nei giardini cittadini, si arriva ad un totale superiore ai 150.000 alberi, cui si aggiungono quelli delle aree gioco per l’infanzia e quelli dei giardini privati. Gli alberi dei giardini e dei parchi pubblici torinesi che per la loro vetustà, mole ed imponenza, sono considerati “monumentali” sono almeno una quarantina.
Foto a sx: busto di Teofilo Rossi di Montelera, Giardini Reali (Carla Colombo). Foto in centro: uno scorcio dei Giardini Reali (Archivio M.C.). Foto a dx: Giardini dell’Orto Botanico (Vittorio Greco)
Il primato italiano della città sabauda in tema di verde pubblico trova le sue radici nelle scelte urbanistiche adottate nei secoli passati, almeno da quando Emanuele Filiberto volle trasferire da Chambéry a Torino la capitale del Ducato di Savoia.
I Savoia allargarono a più riprese i confini della città trasformando la piccola città subalpina, fino ad allora racchiusa nelle vecchie e anguste mura romane, in una città ariosa, elegante e degna di una prestigiosa capitale europea. All’interno della città furono costruiti numerosi palazzi con ampi giardini, e al di là delle mura furono edificate numerose ville e residenze extraurbane, con parchi spaziosi ed alberi di ogni tipo. Una di queste lussuose costruzioni fu, ad esempio, il Castello del Valentino, fatto edificare da Madama Cristina di Francia ed utilizzato come residenza estiva sabauda. Il parco che lo circondava si trasformò man mano in un vasto parco fluviale, con raffinati giardini, aiuole, balconate, radure e fontane: il Parco del Valentino divenne il primo parco pubblico della città.
Foto a sx: Giardino Roccioso del Valentino (Vittorio Greco). Foto al centro: uno scorcio dei Giardini di Villa Genero (Archivio M.C.) Foto a dx: un ciliegio ornamentale fiorito, Giardini Grosa (Archivio M.C.)
Gli esempi di giardini di residenze private nobiliari divenuti parchi pubblici sono molteplici: ricordiamo ad esempio i Giardini della Villa della Tesoriera sul Corso Francia, quelli della Villa della Regina in collina, o quelli del Parco Rignon sul Corso Orbassano.
All’interno delle mura, invece, gli spazi ristretti non consentirono la realizzazione di grandi aree verdi e parchi, ad uso pubblico: furono piuttosto privilegiate come luoghi di incontro e di socializzazione le grandi piazze auliche. Fin verso la fine del Settecento, l’unico spazio alberato in cui i torinesi potevano passeggiare, era quello compreso tra l’Arsenale Militare e la Cittadella: un largo viale delineato da quattro filari di alberi. Fuori dalle mura, la popolazione poteva percorrere la cosiddetta Lèja scura (Allea oscura): un viale in diagonale, delimitato da quattro filari di olmi, che dalla porta meridionale della città consentiva di raggiungere il Valentino.
Foto a sx: Giardino della Tesoriera (Beppe Lachello). Foto a dx: Parco Ruffini (Beppe Lachello)
Il tracciato ottocentesco dei grandi e lunghi corsi torinesi, costruiti sui basamenti su cui sorgevano le antiche mura di difesa della città, favorì poi la creazione di maestosi viali, con file duplici o quadruplici di frondosi alberi. Questi viali conferirono alla città un aspetto signorile e raffinato, elegante e ordinato, consolidando la sua fama di bellezza e la sua particolare ricchezza di verde urbano.
I giardini di Torino, grandi e piccoli, dotati o meno di area giochi, sono oggi complessivamente più di quattrocento, suddivisi a macchia di leopardo nel territorio urbano.
Sergio Donna
Foto: le foto pubblicate in questo articolo ci sono state gentilmente concesse da Monginevro Cultura e sono tratte dalla Monografia Giardini di Torino | Giardin ëd Turin, volume della Collana bilingue “Bellezze di Torino | Blësse ‘d Turin”
Bibliografia:
AA.VV. (Piero Abrate, Francesco Albano, Luigia Casati, Massimo Centini, Sergio Donna, Stefano Garzaro, Achille Maria Giachino, Milo Julini e Anna Perrini). Giardini di Torino | Storia, incontri & Leggende nei parchi della città, Fotografie di Carla Colombo, Beppe Lachello, Vittorio Greco.Prefazione di Alberto Riccadonna. 260 pagine patinate, con oltre 90 fotografie a colori, Monginevro Cultura – Inspire Communication Edit. – Gemini Print, Torino, 2021
Vera Comoli Mandracci e Rosanna Roccia, Torino città di loisir, viali, parchi e giardini tra Otto e Novecento, Archivio Storico, Torino, 1996