
La scultura scoperta a Piano Audi (frazione di Corio Canavese) e il mistero delle “têtes coupées”
Elemento non solo decorativo di molta arte celtica e barbarica, la testa umana era utilizzata come simbolo importante dalla scultura all’oreficeria. Numerosi studiosi hanno avanzato l’ipotesi che questa figura abbia avuto la propria origine nel culto delle teste tagliate ai nemici (têtes coupées) e poste in vari luoghi simbolici come segno di potere, senza però perdere le sue ataviche valenze sacre. La testa infatti è considerata il “luogo alto” del corpo, quello che differenzia gli uomini, in pratica rappresenta una sorta di immagine della loro identità: possederla corrisponde in qualche modo a possedere la persona a cui è stata tolta.
Abbiamo notizia del rito delle teste tagliate da Diodoro Siculo e da Strabone, che ebbero come fonte Posidonio di Apamea, autore di una Storia universale, di cui ci sono giunti solo alcuni frammenti. Da Plinio il Vecchio sappiamo che la testa del proconsole Lucio Postumio Albino, sconfitto dai Galli Boi nel 216 a.C., fu ripulita e svuotata per essere utilizzata come vaso sacro: una pratica che presenta qualche affinità simbolica con la zucca di Halloween…
Sono numerose le testimonianze archeologiche che confermano l’uso sacro dei crani da parte dei Celti. Nell’oppidum di Entremont (Aix-en-Provence), nel sud della Francia, sono stati rinvenuti dei pilastri in pietra calcarea con crani posti in apposite nicchie. Altri esempi importanti provengono da Roquepertuse, sempre in Provenza; inoltre sono note numerose raffigurazioni di teste utilizzate come motivo decorativo negli edifici dedicati al culto di alcune religioni.
Il tema della testa tagliata è entrato a far parte della mitologia nordica: nella saga irlandese di Cù Chulainn, per esempio, vi sono molti riferimenti a questa tradizione. Nella leggenda di Bran il benedetto, il suo cranio fu posto sulla “bianca collina di Londra”, che difenderà la città dalle invasioni, fino a quando non sarà rinvenuto da Re Artù. Profonda l’influenza nella cultura: tra i casi emblematici il teschio che accompagnava Amleto e la testa coronata che apparve a Macbeth.

Dobbiamo inoltre prendere atto che il tema delle teste tagliate ha espressioni molteplici anche all’interno della tradizione cristiana: da Giovanni Battista fino ai tanti martiri della religiosità, la testa è stata più volte utilizzata come emblema di santi cristiani, acquisendo valenze simboliche molto importanti. Ricordiamo, ad esempio, che le teste di alcuni santi erano considerate strumenti apotropaici contro le emicranie.
Inoltre, culti come quello di san Grato, o come quelli di san Nicasio e san Dionigi, raffigurati con una testa in mano (quasi sempre quella del Battista) erano ben assestati in aree di espansione celtica, quindi potrebbero essere una sorta di “cristianizzazione” di pratiche più antiche, fortemente radicate nelle culture locali. Anche i Templari, tra l’altro, furono accusati di adorare una strana testa chiamata Bafometto.
Consideriamo inoltre che alcune presunte tracce atte a suggerire una continuazione, a livello simbolico, del rito delle têtes coupées è stato individuato in tutta una serie di teste in pietra presenti nella decorazione architettonica religiosa e profana.
Un esempio tra i tanti proviene da Chianale, in Valle Varaita. La chiesa locale, risalente al XIV secolo, e parrocchiale dal 1459 fino a tutto il Seicento, probabilmente sarebbe “solo” una delle tante opere architettoniche che fanno parte della cosiddetta arte minore. In realtà però questo edificio di culto è ben noto anche fuori dalla ristretta cerchia degli specialisti, per una singolare prerogativa che ha suscitato numerosi interrogativi. Cornice del piccolo mistero gli archi trasversali della facciata, che presentano alcune mensole decorate con espressivi mascheroni, detti “a têtes coupées”. Si tratta di un motivo ricorrente nell’arte medievale e via via trasformatosi fino alle soluzioni grottesche ed ibride del XVI-XVII secolo, anche se ciò non basta a soddisfare chi cerca comunque qualche legame con la tradizione “celtica”.

Un’opera che è stata posta in relazione al culto delle “a têtes coupées” in Piemonte, è la scultura gianiforme scoperta a Piano Audi e che è stata oggetto di molte discussioni tra gli studiosi, favorendo anche la formazione di tesi alquanto suggestive. Da un punto di vista etimologico, Giano potrebbe derivare da Janua (porta) o da Ianus (passaggio), il che tenderebbe a consolidare la sua funzione di dio posto in un luogo di transito, forse nei pressi di una porta (effettiva o simbolica). L’ulteriore caratterizzazione data al bifrontismo confermerebbe questa funzione di guardiano, di essere destinato a osservare contemporaneamente davanti e dietro, una chiara metafora dell’onniscienza di dio.
Il reperto di Piano Audi misura quarantun centimetri di altezza, è stato realizzato lavorando un unico blocco scistoso e presenta un volto barbato, mentre l’altro è glabro; entrambi sono ottenuti con un’esecuzione che, secondo gli esperti, suggerisce la convivenza di elementi formali nordici con altri latini.
Per qualcuno sarebbe costituito da un volto maschile e da uno femminile: “il volto della divinità maschile è inclinato leggermente all’indietro, assorto con lo sguardo verso l’alto, in un’espressione concentrata e astratta, quasi voglia invocare una supplica, in quei tratti appena accennati e indefiniti imprigionati nella pietra (…) la faccia della divinità femminile appare ben definita con una tecnica più libera rispetto la faccia opposta; anch’essa è inclinata, ma in basso guardando in diagonale verso terra. L’espressione femminile risulta accentuata dai lineamenti orientaleggianti, soprattutto nell’intaglio degli occhi” (G. Cresci Marone – E. Culasso Gastaldi, Torino romana fra Orco e Stura, Torino 1989, pag. 109). Sul piano cronologico c’è chi suggerisce una collocazione al V secolo a.C., mentre una più attenta valutazione, tenderebbe a spostare la datazione al I secolo d.C.
Storicamente il motivo della testa fece la sua comparsa nella cultura celtica intorno alla fine del V secolo a.C., trovando spazio in molte realizzazioni: dall’arte decorativa alla scultura funeraria. Questo tema figurativo ebbe poi affermazione in una vasta area nord-europea, continuando a svolgere un ruolo simbolico importante nella scultura medievale; rilevanti anche le testimonianze rinvenibili nell’arte barbarica, merovingia, carolingia e poi nell’architettura romanica e gotica.

Il Giano di Piano Audi, sulla base dei collegamenti tra questa divinità e la protezione dei viaggiatori, è stato relazionato alle vie di transito tra i confini della due province augustee: XI Regio e IX Regio. Si tenga conto della notevole rete di sentieri utilizzata per transitare dalla Valle della Stura a quella francese dell’Arc, che si concentrava soprattutto nei colli dell’Autaret e d’Arnas, dove sono state rinvenute numerose tracce rituali preromane, probabilmente offerte alla divinità del valico.
Quale fosse l’originaria collocazione del bifronte piemontese non è noto: si ipotizza che fosse posto all’interno di un’edicola. La presenza di tutta una serie di teste scolpite – in strutture più recenti e in varie aree dell’Italia Nord occidentale – inserite in vari complessi architettonici, ha lasciato intravedere la possibilità che questo motivo decorativo facesse parte di una tradizione iconografica ben assestata all’interno della cultura montana: “d’altra parte gli scrittori classici (Strabone, Geografia, III, 5; IV; 4) indicavano essere comune ai Galli e ai Liguri queste selvagge costumanze e se pur anche in seguito questi usi vennero a cessare, è tuttavia possibile che ne sia rimasta traccia e che attraverso le generazioni si sia attribuito alla testa un valore religioso, o protettivo o di forza, che ne ha assicurato la sopravvivenza” (A. Doro, Persistenza delle figurazioni della testa umana nelle valli Cuneesi e nella Liguria montana, in “Bollettino della S.P.A.P.A.”, Torino 1964, anno XVIII).
I culti del cranio, in modo diverso, riaffiorano in molte culture del passato e, come già detto, sono rintracciabili anche nel Cristianesimo, pur con tutta una serie di rivestimenti simbolici e riletture formali che ne hanno occultato la primitiva valenza. Significativo l’abbinamento del cranio ad alcuni santi: per esempio, di san Grato, vescovo di Aosta, si diceva che traslò le spoglie di numerosi martiri tebei, ma soprattutto è indicato come colui che recuperò la testa di Giovanni Battista in Samaria. In un documento del 1284, San Grato è già definito patrono di Aosta: fu vescovo della città tra il 450 e il 470. Mentre nella Magna Legenda Sancti Grati (Leggendario del 1390, Aosta, Capitolo della cattedrale) è detto che il santo vescovo si recò in Palestina per il recupero della testa del Battista.