COSE DA VEDERE

La tradizione serica di Racconigi raccontata dal Museo Giardino della Civiltà della Seta

Racconigi è una piccola cittadina che nasconde tra le strette strade del centro storico numerose curiosità: ad esempio vi è nato Umberto II, l’ultimo re d’Italia. Il castello, attorno al quale le strade si fanno più larghe e squadrate, fu una delle residenze preferite della famiglia reale e ha visto alcuni degli eventi più importanti della storia sabauda.

Nel vasto parco del castello, Carlo Alberto fece costruire un complesso agricolo in stile neogotico-romantico inglese, dove si sperimentavano tecniche botaniche e agrarie. Le Serre Reali, progettate da Carlo Sada, avevano un sistema di riscaldamento innovativo per l’epoca ed erano usate dalla famiglia per esibire il loro potere e stupire i visitatori.

Il castello ha ospitato un evento speciale dedicato al 1855, Annus Horribilis, un anno particolarmente turbolento per la famiglia Savoia, segnato da lutti e tensioni politiche e alcune riprese della serie Netflix La legge di Lidia Poët, con Matilda De Angelis nel ruolo della prima avvocata italiana.

Racconigi è famosa per il Centro Cicogne e Anatidi, che ospita, un’area protetta che ha contribuito a reintrodurre la cicogna bianca in Italia. Ogni primavera, si possono osservare e fotografare questi eleganti uccelli, che tornano a nidificare sui tetti del castello, dando vita a uno spettacolo unico.

Tra i luoghi forse meno conosciuti dai visitatori c’è il raccolto Museo Giardino della Civiltà della Seta, situato nell’ex Convento delle Clarisse, nato per preservare e raccontare la tradizione serica della città. La leggenda racconta che nel VI secolo fu un monaco bizantino a trafugare le uova in Cina, dove venivano coltivate da 5000 anni, riuscendo a portarle a Costantinopoli, città dalla quale si diffusero in tutta Europa, anche nella raccolta Racconigi, che qualche secolo più tardi è stata evidentemente pronta a cogliere la novità.

Infatti la seta a Racconigi ha una storia antica, risale al XV secolo, quando Bernardino I Savoia, iniziò la coltivazione sistematica del gelso, pianta fondamentale per l’allevamento dei bachi da seta. Nel XVII secolo, grazie all’intervento dei Savoia, vennero costruiti i primi mulini da seta e le Fabbriche Magnifiche, dando vita a un’industria serica incredibilmente fiorente.

Già nel 1432 Giacomo Peirolero e Bartolomeo Gatto, due racconigesi, avevano intuito la potenzialità dei bachi da seta e avevano avviato un’attività di acquisto dei bozzoli dall’Oriente, che arrivavano a Genova via mare e venivano poi portati a Racconigi, dove erano consegnati a giovani donne che presso la loro abitazione li lavoravano e tessevano per creare nastri e stoffe che poi toirnavano a Genova, città dalla quale partiva una distribuzione piuttosto capillare.

La prima società di produzione di seta nacque però nel 1463, grazie alla famiglia Venera. Molte erano le operarie e i bambini al di sotto dei sette anni impiegati nel lavoro di allevamento dei bachi: era necessario avere dita piccole ed essere veloci. Le ore di lavoro infinite, le sostanze chimiche usate, la necessità di stare in piedi, il calore e il vapore dovuti alla sbollentazione dei bozzoli facevano invecchiare in fretta. Era anche fondamentale avere una concentrazione totale per non rompere il filo, atto che avrebbe reso vano il lavoro. Nonostante le condizioni proibitive, il commercio della seta, grazie alla coltivazione diretta dei gelsi sul territorio di Racconigi, continuava a crescere.

Nel XVIII secolo, Racconigi raggiunse il primato per numero di filatoi, con ben 33 stabilimenti e circa 4.000 operai, in gran parte donne, che contribuirono significativamente allo sviluppo economico della città.  In quell’epoca la seta rappresentava circa l’80% delle esportazioni, lasciando indietro prodotti ritenuti primari come riso, bestiame e vino. Gli organzini piemontesi, filati di seta lavorati nei torcitoi, erano tra i più ricercati in Europa, in particolare in Inghilterra. 

Qualche problema si era manifestato nel corso dei secoli, come il blocco della produzione voluto da Carlo Emanuele I durante la peste del 1630, oppure le gelate tardive della fine del Millesettecento, così come la Rivoluzione francese, che ebbe il risultato di bloccare le importazioni. La coltivazione del baco da seta si era però sempre ripresa, almeno fino alla metà del XIX secolo, quando si diffuse la pebrina, un parassita delle piante di gelso che bastò da solo a mettere in ginocchio la fiorente industria. A poco servì il tentativo di alcuni industriali di sostituire i bachi da seta con nuove uova provenienti dal Giappone, piano piano le fabbriche chiudevano e gli operai cercavano altri lavori. L’ultima fabbrica a chiudere fu la Manissero, era il 18 dicembre 1948. Vi erano stati tempi in cui aveva avuto a libro paga anche seicento dipendenti.

I mercanti inglesi venivano in Piemonte per acquistare la seta, che sostenevano essere la migliore al mondo e spesso le donne che la lavoravano si tramandavano il mestiere di generazione in generazione, creando spesso anche oggetti unici, delle vere e proprie opere d’arte. L’industria della seta fu di fondamentale importanza non solo per il commercio, ma per la crescita tecnologica, per la moda, per l’esportazione e i rapporti con altri paesi.

Il museo di Racconigi racconta la storia della seta e delle persone che vi hanno lavorato senza tralasciare i numerosi problemi degli operai, in anni in cui i diritti dei lavoratori non esistevano e dai pannelli esplicativi, così come dagli oggetti presenti, si intuisce quello spirito impregnato di avventura che doveva aver animato coloro che si erano dedicati a far crescere un commercio nuovo che ruotava attorno a un insetto sconosciuto.

Testo di Katia Bernacci
Foto di Marino Olivieri

Katia Bernacci

Katia Bernacci, giornalista pubblicista, saggista e ricercatrice indipendente, è attualmente direttrice editoriale della casa editrice Yume. Da anni si occupa di divulgazione in ambito culturale.

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