LINGUA PIEMONTESETRADIZIONI

Espressioni uniche, vive grazie alla lingua piemontese: “Mej un gust che sent dësgust”

Ci sono espressioni in lingua piemontese molto colorite, come del resto capita un po’ in tutti gli idiomi (e non è un caso se vengono definite “frasi idiomatiche”), alcune delle quali possono apparire scontate, lapalissiane, ma non per questo di minore efficacia.

Una di questa è la seguente: “Mej un gust che sent dësgust”,  che potremmo tradurre così “Meglio un gusto, cioè una soddisfazione, che cento rinunce”. Bisogna ammettere che questa frase risulta molto più ad effetto in piemontese che non in italiano. D’altronde succede spesso, perché le lingue regionali e i dialetti hanno il carisma della semplicità, della spontaneità e dell’immediatezza, e non c’è nulla di più efficace delle parole semplici per esprimere un concetto.

Questa frase idiomatica può ad esempio essere usata al ristorante da un cameriere in veste di diavoletto tentatore che ti passa sotto il naso con un cabaret di ghiotti antipasti e ti invita a gustarne ancora, a farne un bis o una terza replica, pur avendone tu già approfittato abbondantemente nelle precedenti portate.

Ma può essere usata dallo stesso commensale, a discolpa del suo ennesimo peccato di gola, come quando, ad un festa di compleanno di qualche suo nipote, è lui stesso a chiamarla in causa, per cancellare ogni senso di colpa per aver richiesto una seconda o una terza porzione di torta al cioccolato.

Su questo stesso registro, ce n’è un’altra, sempre efficace e colorita, che tuttavia si addice più propriamente in altri contesti, sia pur non troppo dissimili: Ch’a vada l’avarissia! Che più o meno in Italiano potrebbe risuonare così: “In barba all’avarizia!” Oppure: “Alla faccia dell’avarizia!”.

È uno sprone ad essere meno parsimoniosi, almeno una volta tanto, e a concedersi – ma solo una tantum – qualche soddisfazione fuori dell’ordinario. Come il lasciarsi tentare di sostenere una spesa superiore al budget prefisso; oppure, più semplicemente, di concedersi ancora un dolce o a un dessert al termine di un pranzo di per sé già luculliano: “Ma si! Ch’a vada l’avarissia”. Per i Piemontesi autentici, la frase può calzare benissimo anche a tavola, alla faccia del conto presentato dall’oste o dal ristoratore.

Bello il Piemontese. Sarebbe un peccato lasciarlo morire.

Sergio Donna

Bibliografia:

☆ Michele Bonavero, “Proverbi Piemontesi, Antica saggezza popolare“, Editrice Il Punto, Torino

☆ Sergio Donna, “Parlé piemontèis – Parlare piemontese” | Detti, Motti, Modi di dire e curiosità della Lingua subalpinaËl Torèt | Monginevro Cultura, Inspire Communcation Editore, Torino segreteria@monginevrocultura.net | 011-0437207

☆ Tino Rchelmy, “Proverbi piemontesi”, Giunti Editore, La Stampa, Torino, 1992

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, Sergio Donna è Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura. È autore di romanzi, saggi e poesie, in Lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio ha pubblicato le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni di Palazzi torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino", "Statue di Torino", "Ponti di Torino" e "Caffè e Locali storici di Torino". Tra le sue raccolte poetiche, ricordiamo "Lines", "Laeta Carmina", "Sonetti" e "Metrica | mente" (in Lingua Italiana), e "Cerea" (in LIngua piemontese). Ha scritto inoltre i romanzi "Il trionfo della bandiera" e "Lo scudetto revocato". Come giornalista, ha collaborato diversi anni con il quotidiano on line "Piemonte Top News" e con la rivista "Torino Storia". Attualmente scrive per "Storie Piemontesi" e per i mensili "Vagienna" e "Piemontèis Ancheuj". È docente di Lingua e Letteratura Piemontese all'Unitre di Torino e di altre Sedi decentrate. Per Monginevro Cultura, Sergio Donna cura da tempo le edizioni annuali dell' “Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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