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21 luglio 1919: nasce a Cuneo l’ufficiale degli alpini, scrittore e partigiano Nuto Revelli

Benvenuto Revelli, per tutti Nuto, nasce a Cuneo il 21 luglio 1919. Diplomato geometra, nel settembre 1939 Nuto è ammesso alla Regia Accademia di fanteria e cavalleria di Modena. Nel 1942 parte volontario per il fronte russo con la Divisione Tridentina, inquadrato nel battaglione Tirano del quinto Reggimento Alpini; qui il 19 settembre 1942 viene ferito al braccio e si guadagna una medaglia d’argento al valore militare e una promozione al grado di tenente per merito di guerra. Ricoverato al convalescenziario di Dnepropetrovsk, insiste per poter tornare in prima linea sul Don, a Belogore. Dal 16 gennaio 1943 al 4 febbraio vive la tragedia della ritirata di Russia a Belgorod, partecipando tra le altre alla battaglia di Nikolaevka. In marzo rientra in Italia, subito ricoverato per una grave forma di pleurite.

Dopo l’8 settembre non ha alcun dubbio e aderisce immediatamente alla Resistenza. Insieme a Piero Bellino e ad altri ufficiali costituisce una formazione partigiana che chiama “Compagnia Rivendicazione Caduti” proprio in nome dei tantissimi soldati morti in Russia. Nel febbraio del 1944 sale a Paraloup (Valle Stura), sede della banda “Italia Libera” di Dante Livio Bianco e Duccio Galimberti e si unisce alle formazioni di Giustizia e Libertà, acquisendo un ruolo di primaria importanza anche in ragione della sua esperienza militare. Fronteggiati i rastrellamenti della primavera a capo della IV Banda, Nuto Revelli assume quindi il comando della Brigata Valle Vermenagna e della Brigata Valle Stura “Carlo Rosselli”, inquadrate nella I Divisione GL. Con queste forze, nell’agosto del 1944 riesce a bloccare, in una settimana di scontri violenti, i granatieri della novantesima Divisione corazzata tedesca che punta al valico del Colle della Maddalena, agevolando così lo sbarco degli Alleati nel sud della Francia.

Dopo la Liberazione sposa l’amatissima Anna, conosciuta prima della guerra, e nel 1947 nasce il figlio Marco, docente universitario di Scienza della Politica.  Torna ripetutamente nei villaggi da cui provenivano i suoi uomini caduti in Russia e si dedica al racconto della memoria degli ultimi abitanti di un mondo contadino in dissolvenza. Scrive anche il testo del famoso canto partigiano “Pietà l’è morta” e a quattro amni collabora alla stesura della “Badoglieide”. Dalle esperienze della guerra fascista e della lotta partigiana e dall’interesse per la storia vista “dal basso”, trae di fatto ispirazione per i suoi libri, a partire da “Mai tardi, Diario di un alpino in Russia”, edito per la prima volta da Panfili a Cuneo nel 1946, “La guerra dei poveri” (1962), “La strada del Davai” (1966), “L’ultimo fronte, Lettere di soldati caduti o dispersi nella II guerra mondiale” (1971)”, “Il mondo dei vinti, Testimonianze di vita contadina” (1977), “L’anello forte, La donna, Storie di vita contadina” (1985), “Il disperso di Marburg” (1994), “Il prete giusto” (1998), “Le due guerre” (2003), tutti pubblicati da Einaudi.

Nonostante il carattere schivo (basti pensare che a chi  gli domandava se preferisse essere chiamato scrittore o professore, rispondeva: “Geometra, io sono un geometra”), negli Anni  Ottanta tiene un ciclo di lezioni all’Università di Torino che diventano un momento formativo di grande importanza per diversi futuri storici e intellettuali piemontesi. Quando gli viene conferita la laurea honoris causa le sue parole suonano come un monito: «Volevo che i giovani sapessero, capissero, aprissero gli occhi. Guai se i giovani di oggi dovessero crescere nell’ignoranza, come eravamo cresciuti noi della “generazione del Littorio”. Oggi la libertà li aiuta, li protegge. La libertà è un bene immenso, senza libertà non si vive, si vegeta».

Una delle numerose targhe che in giro per il Piemonte ricordano la figura di Nuto Revelli

Muore, dopo lunga malattia il 5 febbraio 2004 ed è tumulato nel cimitero di Spinetta, frazione di Cuneo, accanto alla moglie. A due anni di distanza dalla sua scomparsa, a Cuneo viene inaugurata una Fondazione che porta il suo nome. Ne raccoglie tutte le carte e si propone “la promozione della cultura che ha ispirato la Resistenza e la scelta antifascista, in particolare il movimento di Giustizia e Libertà” e “la valorizzazione del contributo apportato dallo scrittore partigiano alla conoscenza e allo studio del mondo contadino”.

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