
Infanzia, luoghi, persone amate: un atto d’amore verso la memoria nel nuovo libro di Mario Abrate
Dopo il successo ottenuto con “Le ragazze di Pontremoli” e “Italia ‘61, la città delle meraviglie“, usciti nel 2024 per Impremix Edizioni, Mario Abrate ci delizia con una nuova narrazione, il cui titolo, “Via Tabacchi“, riprende una strada precollinare torinese, che ha rappresentato l’infanzia dell’autore. La sua, ma anche la mia. Il titolo, ancor prima dei contenuti del libro, ha finito per riportarmi indietro di oltre mezzo secolo, alla mia adolescenza vissuta con un gruppo allargato di amici tra largo Tabacchi, via Lomellina con annesso Famulato Cristiano (sì proprio quello dove ha vissuto Suor Germana), piazza Carrara, Motovelodromo con tanto di gare di ciclismo su pista, partite di rugby e football americano.
Mi ha affascinato scoprire che “Via Tabacchi” è molto più di una storia, ma un’opera che non cerca lo scalpore ma la verità, che non insegue l’effetto ma l’autenticità. Il libro di Abrate è capace di parlare al lettore con una voce calda, intima e necessaria. Come ci conferma l’autore, il lavoro è nato da una promessa fatta al fratello Gianni negli ultimi giorni della sua vita. Il risultato finale rappresenta però molto più d’un omaggio familiare: è un atto d’amore verso la memoria, verso la scrittura come cura, e verso un mondo che il tempo ha trasformato ma non cancellato.
Il libro si apre con un prologo alquanto emotivo, ambientato in una stanza d’ospedale a Miami, dove affiora la consapevolezza che solo la scrittura può salvare ciò che rischia di andare perduto: l’infanzia, i legami, i luoghi, le persone amate. Da lì in avanti, l’autore ci guida con mano ferma ma affettuosa nei vicoli del passato, costruendo un mosaico di piccoli episodi, incontri memorabili, sapori e voci che compongono la via Tabacchi della sua giovinezza: una collina torinese che diventa simbolo universale dell’infanzia.

La scrittura è evocativa, con momenti di lirismo, ma sempre, pulita, accessibile. Si avverte la voce di un narratore che conosce la nostalgia, ma non ne è schiavo; che rievoca con tenerezza e lucidità, senza mai scivolare nel sentimentalismo. Ogni personaggio (da “la Elena” al Parìn, da Paolo al barbiere che telefona alla regina) viene descritto attraverso dettagli capaci di farlo vibrare, senza peraltro idealizzarlo. Il lettore si ritrova a sorridere, a commuoversi, a sentire il profumo della farina di castagne o la voce di un ombrellaio nel silenzio del pomeriggio.
Ma il libro di Mario Abrate rappresenta anche un affresco sociale: la Torino degli anni Sessanta, divisa tra borghesia e immigrazione, prende forma attraverso temi profondi affrontati con discrezione e onestà. Si parla di incontri – e scontri – tra classi, dei primi segnali di cambiamento culturale, delle dinamiche di quartiere e del valore della comunità. La collina torinese, con i suoi cortili, le scuole, le strade sterrate e i cantieri sempre aperti, diventa un pullulare di vita. Anche chi non ha mai messo piede in questa via precollinare può ritrovarsi in quelle biciclette traballanti, nei giochi fino a sera, nelle ginocchia sbucciate e nel calore di una madre affacciata alla finestra. È un’infanzia che, pur radicata in un tempo preciso, conserva qualcosa di eterno. Alla fine della lettura, si ha l’impressione di aver ricevuto un dono: quello di poter guardare il mondo, anche solo per un momento, con gli occhi di un bambino.
Il libro sarà disponibile a partire dal 15 settembre, ma è già prenotabile cliccando QUI. Volendo è disponibile, come playlist su Spotify, anche una colonna sonora per accompagnare il racconto.
Mario Abrate, Via Tabacchi, Impremix Edizioni, 12 euro