
Il potere della croce nella devozione popolare in luoghi di passaggio e incroci della nostra regione
Da sempre la devozione popolare si è impossessata delle strade, che sono diventate una sorta di mappa collettiva, un disegno in divenire che ha rappresentato e ancora rappresenta il sentimento e il vissuto delle persone.
Anche se abbiamo esempi di tal genere in Bretagna e nel sud dell’Inghilterra, dove sono numerosi i “calvari”, croci più meno scolpite che si sono moltiplicate ovunque dal Medioevo e che manifestavano la potenza della Chiesa; senza andare troppo lontano, abbiamo esempi di croci di ogni genere anche in Piemonte, nei posti più impensati.

Croce di Venaus, cc Martj9
La sobrietà piemontese ancora una volta ha scelto materiali poveri, come il legno (che fatica a sopravvivere alle intemperie di secoli) o la pietra; il messaggio è però lo stesso: un collegamento tra cielo e terra, antenne materiali che lasciano appunto un messaggio, che si irradia sia orizzontalmente che verticalmente.
Gli incroci da sempre sono stati ritenuti come un confine tra il mondo della vita e quello dell’altrove, tanto che nella tradizione pagana erano associati a spiriti, divinità, persino a demoni e a fate, se nelle vicinanze c’era un corso d’acqua.
Il territorio piemontese, così come altri luoghi, soprattutto nelle zone alpine e rurali, conserva quindi numerose tracce di culti precristiani legati agli incroci e ai luoghi di passaggio, che nel tempo sono stati assorbiti o reinterpretati dalla religione cristiana.
La montagna, ad esempio, è sempre stato un luogo dove si trovano croci anche molto antiche, pensiamo alle “croci di vetta”, oppure ad altri oggetti, che non sono croci ma che hanno la stessa funzione, come il Ròch dij Gieugh (“roccia dei giochi” in patois), uno dei siti più affascinanti e misteriosi delle Valli di Lanzo. Si tratta di un masso erratico trovato a circa 1680 metri di altitudine, immerso in un bosco di larici, lungo un antico sentiero di fronte al Rocciamelone.
Questo masso è ricoperto da un intricato sistema di incisioni rupestri: coppelle, canaletti, impronte di piedi e figure antropomorfe, tra cui tre guerrieri con elmo e spada risalenti all’Età del Ferro. Questi segni indicano che il sito era probabilmente utilizzato per riti di passaggio, offerte votive e cerimonie legate alla fertilità e alla protezione. Un’iscrizione latina con la dicitura IOVI, cioè “a Giove”, indica quanto la roccia sia antica, mentre le croci incise in epoca più recente, dimostrano l’identificazione con il cristianesimo dei tempi successivi.


Usseglio, pietra con incisioni solari a croce e pilone dedicato a Giove
Sempre a Usseglio, località decisamente antica, sono state trovate delle are dedicate a Ercole e Giove, che, come ci dicono i volontari del Gruppo Archeologico Torinese, fu rinvenuta nel 1850 nei pressi della cappella di San Desiderio e reca inciso “..OVI OP(TIMO) M(AXIMO) CLODIUS CASTUS VECATI F(ILIUS) VETERANUS V(OTUM) S(OLVIT) L(AETUS) L(IBENS) M(ERITO) MIL(ITAVIT) AN(NOS) XXVI” che significa: A Giove Ottimo Massimo da parte di Claudio Casto figlio di Vecato e veterano, che scioglie il voto contento e soddisfatto, avendo servito nell’esercito per 26 anni. In questo caso notiamo che la dedica a una specifica divinità non è collettiva ma individuale, ricordando un momento della vita di un soldato.
Inoltre la memoria collettiva, agli effetti, passa anche attraverso il potere esercitato in un preciso momento storico. Tra il XVII e il XIX secolo, per fare un inciso, molte croci vennero erette a seguito delle cosiddette “Missioni”, cicli di predicazione volti a rafforzare la fede cattolica, in particolare nei luoghi dove il protestantesimo aveva lasciato più tracce, con strascichi importanti. In località come Pourrières a Usseglio e Souchéres Basses a Pragelato, le croci di missione venivano collocate ai margini dei villaggi, fungendo da tappe per le processioni rogazionali, che invocavano la protezione divina sui raccolti e sulla comunità.
Alcune croci ricordano eventi tragici o lasciti benefici. La Croce dell’Alpe dei Poveri in Val Troncea commemora il testamento Mosé Perron, che vincolava il Comune di Pragelato a sostenere le famiglie indigenti con i proventi dell’alpeggio. La croce del Monte Freidour, invece, è un monumento alla memoria: ricorda la caduta di un aereo alleato nel 1944, durante una missione di rifornimento ai partigiani. Sempre di più, con il passare dei secoli, si è identificata, in un certo senso, la croce con la morte e non più con l’ausilio o la sollecitazione a un aiuto divino, infatti le croci, oggi, sorgono nei luoghi dove si verificarono incidenti o morti violente, invitando alla preghiera oppure come monito per l’alta velocità e i comportamenti sconsiderati.

A ben pensarci, neanche prima il messaggio era del tutto positivo, perché le croci erette nelle strade non erano solo simboli di devozione, ma anche memoriali di dolore collettivo.
Durante le grandi epidemie, in particolare la peste del XVII secolo, le comunità alpine e rurali innalzarono croci per invocare la protezione divina e commemorare i morti.
Queste croci, spesso in pietra grezza o legno, venivano collocate agli incroci, ai margini dei villaggi o nei pressi delle fosse comuni. In alcune località della val di Susa, sono ancora visibili croci in pietra dedicate ai morti della peste, la funzione di queste croci era da un lato l’invocazione della clemenza divina, dall’altro un ringraziamento per il salvataggio avvenuto e non ultimo, la segnalazione di un luogo di sepoltura collettiva, che ricordava un evento sicuramente drammatico per tutta la popolazione.
In Piemonte, molte croci vennero erette anche in seguito a epidemie locali di colera o febbre tifoide, soprattutto tra il XVIII e il XIX secolo. Alcune portano iscrizioni commemorative, altre sono mute, ma la loro posizione ne rivela la funzione apotropaica: proteggere il territorio e i viandanti.
Una funzione “secondaria” delle croci era la “prevenzione”, la protezione contro le alluvioni e le esondazioni, eventi naturali che spesso si verificavano, con conseguenze terribili, in alcune zone. Un esempio di questo tipo è la croce di Faule, vicino al santuario della Madonna del Lago, in provincia di Cuneo.
Non erano rare le croci inserite nei massi erratici, considerati un luogo di ritrovo di streghe o demoni, come a Vialfré o in val di Susa, e quando non c’era la possibilità di usare il metallo o altra pietra, si incideva la croce in grandezze differenti, moltiplicandola nel caso fosse troppo piccola.

Infine, non è raro trovare croci affrescate, sia nei crocicchi che sui muri di abitazioni o chiese poste nelle immediate vicinanze, perché la croce, non dimentichiamolo, è un simbolo ancora più antico del cristianesimo, che ha percorso tutte le epoche e che ha da sempre rappresentato la divinità e il bisogno dell’essere umano di elevazione verso il cielo.
Articolo di Katia Bernacci,
Foto di Marino Olivieri (ove non diversamente segnalato)